Nel nostro camminare nel percorso attraverso l'Aṣṭāṅga Yoga di Patañjali, incontriamo il Samyama, l'insieme dei processi di Dhāranā, Dhyāna e Samādhi (tre fasi di un unico processo continuato).
Patañjali chiama il complesso di queste tre fasi Samyama, «perfetta disciplina» e ci regala delle tecniche che ci consentono di superare gli stati ordinari della coscienza, per realizzare uno stato (samādhi), grazie al quale ottenere la liberazione (mokṣa) dagli schemi che creano sofferenza e interrompere il samsāra (morte-rinascita).
Dhāranā: «La concentrazione rinchiude la coscienza in una singola area.» (YS — III,1)
La mente, intensamente concentrata o assorbita in un oggetto diviene capace di conoscere quell'oggetto in modo speciale.
Dhyāna: «Nell'assorbimento meditativo, l'intero flusso percettivo si allinea all'oggetto». (YS — III,2)
Con la maturazione della capacità della mente di focalizzarsi su un oggetto e mantenere quest'attenzione, possiamo accedere a questa seconda fase, che Patañjali chiama dhyāna, o «assorbimento meditativo»: chi percepisce, l'oggetto percepito e la percezione stessa si fondono in un unico stato. La mente diventa il suo stesso oggetto di studio.
Samādhi: «Quando soltanto la natura essenziale dell'oggetto risplende, come se questo non avesse forma, allora emerge l'integrazione.» (YS — III,3)
Quando la coscienza perviene alla quiete, tutti gli aspetti della mente ordinaria sono sospesi. Non si ha concettualizzazione, e l'oggetto (di qualsiasi natura) viene conosciuto direttamente, al di là di nome e forma.
Patañjali chiama tutto questo «integrazione, assorbimento», samādhi.
Prepareremo corpo e mente con una pratica intensa,, ci eserciteremo in una tecnica di concentrazione, ci prenderemo uno spazio per la meditazione e, forse, qualcuno si avvicinerà alla risposta alla «domanda da un milione di dollari»: chi sono io?
Info Monica Bonello 339 3987143